“Spesso l’orrore va col diletto e un tragico fatto è un caro oggetto.” Questa frase di Giovan Battista Marino, poeta del Seicento, sembra scritta per il nostro tempo. In poche parole, svela una verità inquieta e persistente: il tragico non respinge, attrae. E lo fa perché ci riguarda, ci scuote, ci costringe a sentire. Il fascino del tragico: Caravaggio e la carne del dolore Nel Seicento, il tragico era ovunque: nei teatri, nei poemi, nei quadri. Caravaggio ne è il portavoce visivo. I suoi martiri non sono idealizzati, ma vissuti. Il sangue è vero, la sofferenza è tangibile. Eppure, non distoglie lo sguardo: lo cattura. Perché in quel dolore c’è una verità che ci chiama. Caravaggio non dipinge l’orrore per scandalizzare, ma per rivelare. E nel farlo, ci offre un diletto profondo: quello del pensiero, della compassione, della consapevolezza. Il tragico diventa “caro oggetto” perché ci fa crescere. Oggi: tra estetica del dolore e bisogno di verità Nel mondo digitale, il tragico è ovunque...
Divenni mio padre una mattina di dicembre ...