Facebook e democrazia Il «Grande fratello» che spaventa il mondo
ROCCO VAZZANA
La preoccupazione che società private possano entrare in possesso dei dati degli utenti “social” per profilare messaggi elettorali costruiti su misura del singolo elettore ha contagiato ormai tutto il mondo. Lo scandalo Cambridge Analytica, la società che avrebbe violato i dati personali di 50 milioni di utenti Facebook per per sostenere la campagna elettorale di Donald Trump e la Brexit sembra aver aperto il vaso di Pandora. I sospetti di possibili interferenze nei processi elettorali vengono sollevati in ogni angolo del pianeta: dal Kenya alla Svizzera. Tutti, Gran Bretagna all’Unione europea in testa, pretendono spiegazioni da Mark Zuckeberg, che però continua la sua “latitanza” da giorni. Il silenzio potrebbe essere rotto oggi, secondo quanto riferisce alla Nbc News un portavoce dell’azienda guidata dal giovane miliardario, presentando un «focus sulla ricostruzione della fiducia».
E in attesa delle dichiarazioni di Zuckeberg, le democrazie occidentali si interrogano sul ruolo dei social nell’orientamento dell’elettorato. Tra i primi a chiedere chiarimenti, in Italia, è Roberto Cantone, presidente dell’Anticorruzione. «Se ciò che è venuto alla luce di questi giorni fosse vero mi sembra che la profezia del Grande Fratello si stia avverando e c’è il rischio di un controllo elettronico della nostra vita si stia avverando», dice a Radio Capital. «Questo pone interrogativi morali ed etici di cui governi dovrebbero farsi carico».
Per il capo dell’Authority bisogna risolvere le contraddizioni di un mondo solo apparentemente più trasparente.
«La trasparenza è un valore positivo che espone però a rischi enormi di controlli massicci», spiega. «Sono preoccupatissimo quando sento che il mondo gira sempre più intorno agli algoritmi, che non si capisce chi li compone e per quali obiettivi».
Diversa, invece, l’impostazione di Antonello Soro, garante della privacy, che propone subito una soluzione operativa: estendere il mandato della Task Force su Facebook al caso Cambridge Analytica e a all’accertamento di eventuali violazioni di dati personali di cittadini in altri Paesi dell’Unione europea. «Le autorità di protezione dati che collaborano nell’ambito della Task Force di Facebook hanno già raccolto importanti informazioni sul livello di conformità dei trattamenti svolti, da parte di questa società, alle norme europee in materia di protezione dati e tali informazioni possono essere ulteriormente utilizzate, anche per chiarire il caso in esame», scrive Soro in una lettera indirizzata a Andrea Jelinek, presidente del gruppo che raccoglie i Garanti europei.
E mentre il Codacons attende di sapere se ci sono cittadini italiani coinvolti prima di intraprendere un’azione collettiva contro Facebook, sulla scia di quella già avviata
negli Usa, il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, scrive su Twitter: «Comunità e solidarietà virtuali producono valori e dati personali da commercializzare a vantaggio di pochi. Comunità e solidarietà reali producono ricchezza sociale per molti». La politica, per il momento, sembra impotente di fronte a un ciclone che non riesce a controllare. Serve una legislazione nuova, transazionale, difficile da costruire.
«Se vogliamo essere noi e non un inafferrabile Grande Fratello a decidere il nostro destino, dobbiamo sbrigarci a costruire un quadro regolatorio che protegga la democrazia, ma dobbiamo anche indagare a fondo su cosa è successo in questi anni», dice il deputato dem Michele Anzaldi, che poi annuncia: «Per questo il mio primo atto da parlamentare, sarà la proposta di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul caso di Cambridge Analytica e sulle fake news, anche alla luce di quanto ha confermato l’Agcom, ovvero che nel 2012 quelle tecniche sono state utilizzate anche da un partito italiano», dice, lanciando una stoccata al Movimento 5 Stelle. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Nicola Fratoianni. «Pare che Cambridge Analytica abbia lavorato anche per qualche partito in Italia, su cui ad oggi c’è uno strettissimo silenzio», dice l’esponente di Leu. «Io penso sia il caso che il Parlamento italiano si occupi del caso, con una apposita commissione d’inchiesta».
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ROCCO VAZZANA
La preoccupazione che società private possano entrare in possesso dei dati degli utenti “social” per profilare messaggi elettorali costruiti su misura del singolo elettore ha contagiato ormai tutto il mondo. Lo scandalo Cambridge Analytica, la società che avrebbe violato i dati personali di 50 milioni di utenti Facebook per per sostenere la campagna elettorale di Donald Trump e la Brexit sembra aver aperto il vaso di Pandora. I sospetti di possibili interferenze nei processi elettorali vengono sollevati in ogni angolo del pianeta: dal Kenya alla Svizzera. Tutti, Gran Bretagna all’Unione europea in testa, pretendono spiegazioni da Mark Zuckeberg, che però continua la sua “latitanza” da giorni. Il silenzio potrebbe essere rotto oggi, secondo quanto riferisce alla Nbc News un portavoce dell’azienda guidata dal giovane miliardario, presentando un «focus sulla ricostruzione della fiducia».
E in attesa delle dichiarazioni di Zuckeberg, le democrazie occidentali si interrogano sul ruolo dei social nell’orientamento dell’elettorato. Tra i primi a chiedere chiarimenti, in Italia, è Roberto Cantone, presidente dell’Anticorruzione. «Se ciò che è venuto alla luce di questi giorni fosse vero mi sembra che la profezia del Grande Fratello si stia avverando e c’è il rischio di un controllo elettronico della nostra vita si stia avverando», dice a Radio Capital. «Questo pone interrogativi morali ed etici di cui governi dovrebbero farsi carico».
Per il capo dell’Authority bisogna risolvere le contraddizioni di un mondo solo apparentemente più trasparente.
«La trasparenza è un valore positivo che espone però a rischi enormi di controlli massicci», spiega. «Sono preoccupatissimo quando sento che il mondo gira sempre più intorno agli algoritmi, che non si capisce chi li compone e per quali obiettivi».
Diversa, invece, l’impostazione di Antonello Soro, garante della privacy, che propone subito una soluzione operativa: estendere il mandato della Task Force su Facebook al caso Cambridge Analytica e a all’accertamento di eventuali violazioni di dati personali di cittadini in altri Paesi dell’Unione europea. «Le autorità di protezione dati che collaborano nell’ambito della Task Force di Facebook hanno già raccolto importanti informazioni sul livello di conformità dei trattamenti svolti, da parte di questa società, alle norme europee in materia di protezione dati e tali informazioni possono essere ulteriormente utilizzate, anche per chiarire il caso in esame», scrive Soro in una lettera indirizzata a Andrea Jelinek, presidente del gruppo che raccoglie i Garanti europei.
E mentre il Codacons attende di sapere se ci sono cittadini italiani coinvolti prima di intraprendere un’azione collettiva contro Facebook, sulla scia di quella già avviata
negli Usa, il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, scrive su Twitter: «Comunità e solidarietà virtuali producono valori e dati personali da commercializzare a vantaggio di pochi. Comunità e solidarietà reali producono ricchezza sociale per molti». La politica, per il momento, sembra impotente di fronte a un ciclone che non riesce a controllare. Serve una legislazione nuova, transazionale, difficile da costruire.
«Se vogliamo essere noi e non un inafferrabile Grande Fratello a decidere il nostro destino, dobbiamo sbrigarci a costruire un quadro regolatorio che protegga la democrazia, ma dobbiamo anche indagare a fondo su cosa è successo in questi anni», dice il deputato dem Michele Anzaldi, che poi annuncia: «Per questo il mio primo atto da parlamentare, sarà la proposta di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul caso di Cambridge Analytica e sulle fake news, anche alla luce di quanto ha confermato l’Agcom, ovvero che nel 2012 quelle tecniche sono state utilizzate anche da un partito italiano», dice, lanciando una stoccata al Movimento 5 Stelle. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Nicola Fratoianni. «Pare che Cambridge Analytica abbia lavorato anche per qualche partito in Italia, su cui ad oggi c’è uno strettissimo silenzio», dice l’esponente di Leu. «Io penso sia il caso che il Parlamento italiano si occupi del caso, con una apposita commissione d’inchiesta».
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