In un’epoca in cui l’immagine è spesso rumore, la Canestra di frutta di Caravaggio si impone come un invito al silenzio. Non un silenzio vuoto, ma uno che risuona dentro chi guarda, che sospende il brusio del mondo e ci riconduce a noi stessi. Davanti a questo dipinto non viene da parlare, non viene da smanettare sul telefono, non viene da fare nulla se non ascoltare quel silenzio contagioso che avvolge gli oggetti. Caravaggio, mago delle composizioni, riesce a trasformare una semplice cesta di frutta in un teatro dell’anima. La sua natura morta non è una pausa dalla figura umana, ma una sua intensificazione. Paradossalmente, proprio escludendo l’uomo, il pittore ci parla della nostra umanità con una profondità che pochi ritratti riescono a raggiungere. Le mele ammaccate, le foglie ingiallite, l’uva che sembra sul punto di marcire: ogni dettaglio è un frammento di tempo, un’eco della nostra fragilità, della nostra bellezza imperfetta. Il silenzio che emana dalla Canestra non è solo vis...
Divenni mio padre una mattina di dicembre ...